” […] forse perché da ragazzo suonavo nei locali, non ho problemi se il mezzo fotografico diverte e intrattiene e che sia il fotografo ad occuparsene.
[…] Quando da bambino vedevo una di quelle cabine per fototessere, volevo entrare, ruotare lo sgabello per sollevarlo e salire su. “
la photobooth: entertainment & ricordi
di SIMONE LUCHETTI
Fotografo
Ho visto colleghi “puristi” storcere il naso davanti al cliente che chiedeva il servizio con photobooth.
Commercialmente parlando e forse perché da ragazzo ho suonato in alcuni locali, non ho problemi se il mezzo fotografico diverte e intrattiene e che sia il fotografo ad occuparsene. Rispetto chi se la tira, ma dissento.
Quando da bambino vedevo una di quelle cabine per fototessere, volevo entrare, ruotare lo sgabello per sollevarlo e salire su. Ma era solo un gioco perché tutte le fototessere me le scattava Franco con la Studio Express.
Solo da adolescente riuscii a farmi la fototessera in una cabina.
Non l’ho mai usata in nessun documento e la ho ancora.
Non mi stupisco quindi quando vedo chi le ricostruisce o le ristruttura per proporle a noleggio.
La photobooth come la vediamo oggi negli eventi si può dire sia nata dal basso. Si è diffusa con opzioni entry-level, grazie principalmente all’arrivo sul mercato di corpi illuminanti di produzione cinese a basso costo, seguendo una ricetta rapida ed efficace: due flash sorretti da altrettanti stativi con due ombrellini, un tessuto a far da fondale, prop vari acquistati da Tiger o Martha’s Cottage, una reflex anche non di ultima generazione sul treppiede da 20 euro ed il radioscatto direttamente in mano ai soggetti ripresi.
Sinceramente, preferisco fare uno sforzo in più.
Ho realizzato booth anche molto complesse, come quando mettemmo su una vera scenografia ispirata al mondo Disney. Feci stampare una foto di stock del castello di Disneyland su un fondale in pvc largo quattro metri. La foto aveva il sole in un angolo che tramontava. Posizionai una testa Ianiro a incandescenza proprio sopra quell’angolo per riprodurre il controluce del sole ed illuminai frontalmente con due grandi pannelli led a luce diurna. Feci installare tutto il set da un service e mi occupai solo di affinare il posizionamento delle luci. Affidai ad un assistente le riprese, la stampa e la consegna delle foto. Il set fu valorizzato anche dalla presenza di cosplayer professionisti in abito da prìncipi e principesse Disney. Una scena teatrale e impegnativa, sia per me sia per gli sposi, ma che rispose al loro desiderio di dedicare quel giorno alla figlia e agli altri bambini ospiti che, inutile dirlo, si divertirono molto (e non solo loro)
La preferenza per le luci continue anziché i flash ha fatto sì che chiunque abbia potuto scattare con il proprio smartphone, così che gli ospiti potessero essere a turno fotografi e modelli (come dicevo qui)
Se il livello tecnico e la particolarità di un set fotografico non sono essenziali, a volte sono gli stessi wedding planner ad organizzare la photoboot in luce ambiente, chiedendo la condivisione delle foto scattate con un ashtag dedicato.
E va benissimo, perché la photobooth ha ambizioni ludiche e di intrattenimento; può scaldare l’atmosfera, agevolare la socialità e sdrammatizzare situazioni che potrebbero apparire eccessivamente formali.
Com’è la tua booth?
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